giovedì 5 novembre 2009

CROCIFISSO L'illusione del nulla


Un crocifisso in aula.
Un crocifisso in aula.

Vi segnaliamo un'articolo da Tracce.it riguardante la sentenza sui crocifissi nelle aule scolastiche.

La decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo è talmente assurda e irragionevole da sembrare surreale.
Sulla sua assurdità sono intervenuti in molti, usando una gamma di argomenti che vanno dall’antico e solenne «non possiamo non dirci cristiani» di Benedetto Croce al puro «buon senso vittima del diritto» evocato dal leader del maggiore partito della sinistra italiana.
In quel crocifisso c’è la nostra storia e la nostra cultura. Basterebbe questo a rendere contraddittoria l’idea di tirarlo via a forza dalle aule dove si tramandano storia e cultura.
E la contraddizione arriva al paradosso, se si pensa che è proprio da quella tradizione cristiana che è nata l’idea stessa di “laico”. Prima di Cristo, la laicità non esisteva. Cesare e Dio erano la stessa cosa. E fuori dal cristianesimo, in grandissima parte, continuano ad esserlo, con tutte le storture e le violenze che questo porta nella storia.
Contraddittorio, quindi. Ma anche irragionevole. Perché il crocifisso non è "solo" cultura. È segno del Mistero. Ha a che fare con il senso della vita e con il dramma del dolore. Offre a tutti un'ipotesi che va oltre il nulla in cui tutto andrebbe a finire. Estirparlo dalle aule scolastiche, eliminare questa dimensione e questa ipotesi vuol dire – questo sì – soffocare l’idea stessa di educazione. A meno che non si pensi all'educazione come a qualcosa che non c'entra con il nostro cuore, con le sue esigenze ed evidenze, con il desiderio di infinito che rende uomo un uomo. A meno che non si riduca ai minimi termini la sua ragione.
Per questo il crocifisso è un fatto che riguarda tutti. È un segno religioso, chiaro. Ma di una fede che abbraccia, non esclude. Che si offre alla libertà dell’uomo e la sollecita. Di ogni uomo, qualsiasi tradizione abbia.
«Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino», scriveva vent’anni fa un'autrice di padre ebreo e cultura di sinistra come Natalia Ginzburg, in un articolo sull’Unità che varrebbe la pena di rileggere per intero, e magari spedire a Strasburgo.
Perché c’è un altro dato che colpisce di questa vicenda. La sentenza arriva nello stesso giorno in cui, di fatto, nasce la nuova Unione europea, con l’ultima firma sotto il Trattato di Lisbona. Coincidenza, certo: la Corte non è emanazione diretta dell'Unione. Ma coincidenza infelice. Su queste basi, l'Europa non può fare molta strada.
C’è qualcosa di insano – e non da oggi – in questa tensione della cultura occidentale a recidere le sue radici, a tagliare i ponti con ciò che l'ha generata e ne sostiene, tuttora, il tessuto sociale e civile. È l’utopia di poter vivere i valori che fondano la nostra società – la libertà, l'uguaglianza, la democrazia, la stessa educazione – svuotandoli dalla loro origine viva e reale, da ciò che li ha generati: il cristianesimo. Anzi, Cristo.
Questo, in fondo, è il nichilismo. Al posto di Dio, il nulla. Pensare che su questo nulla si possano costruire dei rapporti umani, una società, un’intera civiltà, è un'illusione. E non c'è illusione di cui la realtà, prima o poi, non presenti il conto.

Scholz sulla sentenza contro il crocifisso nelle scuole


Ecco la dichiarazione del presidente CDO sulla sentenza di Strasburgo che ordina di togliere i crocifissi dalle aule scolastiche
Compagnia delle Opere condivide pienamente il giudizio espresso dalla Santa Sede e dalla Cei sulla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo che ordina di togliere i crocifissi dalle aule scolastiche, e ritiene giusta la decisione del Governo italiano di presentare ricorso contro la decisione.
«Con questa sentenza si tenta di imporre una irreligiosità ed un laicismo estremista che non appartengono alla storia e alla tradizione dei paesi europei» ha dichiarato il presidente di CDO, Bernhard Scholz. «Al contrario, la croce è sempre stata simbolo di una concezione dell’uomo e di una storia che hanno portato l’Europa stessa al riconoscimento della dignità inviolabile di ogni persona e della positività ultima della sua vita.

E’ paradossale che la Corte per i diritti dell’uomo voglia negare e osteggiare il segno più importante di quella tradizione senza la quale i diritti fondamentali dell’uomo, come li conosciamo oggi, non sarebbero mai entrati nella coscienza dei nostri popoli europei.
Gli stessi giudici che dichiarano la presenza della croce come una “violazione”, impongono ai giovani cittadini di accettare il “nulla” come primo riferimento. Anche da chi non crede, la croce viene accolta come rimando a una storia e a una identità che hanno sempre favorito la libertà personale e la pluralità, e hanno combattuto il rischio di un relativismo etico.

Nelle scuole il crocifisso è il richiamo a una proposta che nasce dalla storia e dall’identità di un popolo, una proposta con la quale il giovane si può confrontare, che favorisce e non sminuisce la sua libertà.
Togliere un tale riferimento da un ambito educativo come la scuola, non aiuta certamente una risposta all’emergenza educativa».

04 novembre 2009

lunedì 2 novembre 2009

Beffate le paritarie: fan risparmiare 6 miliardi allo Stato ma il governo le penalizza

Vi segnalo un articolo di Vincenzo Silvano pubblicato su IlSussidiario.net.


Avevamo concluso lo scorso anno scolastico all’insegna del “mai più un anno così!”.

Dopo i tagli ai contributi per le scuole non statali (inaspettati, date le promesse elettorali e gli orientamenti politici dell’attuale Governo) e le conseguenti furiose battaglie condotte ad ogni livello, istituzionale e non, eravamo riusciti – insieme ad altre associazioni di scuole paritarie- a far ripristinare una situazione quasi analoga a quella dell’anno precedente. Situazione economica sicuramente non rosea, ma almeno temporaneamente accettabile. Quanta fatica, però. E quanta rabbia!

Speravamo non solo di aver recuperato i finanziamenti, ma anche di aver contribuito a consolidare l’idea, nell’opinione pubblica e nelle sedi istituzionali, che la scuola paritaria ha il diritto e il dovere di esistere, e che un eventuale taglio dei finanziamenti nei suoi confronti è insensato dal punto di vista educativo, improprio dal punto di vista legislativo (basti pensare alla legge 62/2000…) e controproducente anche per le stesse casse dello Stato.

Ci aveva un po’ confortato, in quei turbolenti mesi, la sensazione che comunque cominciasse a sgretolarsi il muro ideologico di separazione tra il cosiddetto “pubblico” e il cosiddetto “privato”, profilandosi all’orizzonte un pieno riconoscimento –con tutto quel che ne dovrebbe conseguire, anche economicamente- della funzione pubblica svolta dalle scuole paritarie, grazie ai ripetuti pronunciamenti a favore della libertà di scelta educativa da parte di vari schieramenti politici, compresi alcuni fra quelli tradizionalmente ostili alla scuola non statale.

Pronunciamenti che erano arrivati sia in occasioni informali, sia attraverso le diverse mozioni parlamentari su questo tema approvate lungo tutto il corso dell’anno scolastico. Di queste ultime desideriamo, in questa sede, rammentarne almeno in parte il contenuto, poiché gli impegni assunti dal Governo sono assolutamente chiari e inequivocabili: - “provvedere con successivi atti all’introduzione di una effettiva libertà di scelta della scuola da parte delle famiglie” (seduta del 9 ottobre 2008);

- reintegrare il fondo per le scuole non statali e “garantire almeno lo stesso livello di finanziamento per i successivi anni” (seduta del 13 novembre 2008);

- «garantire la certezza dei finanziamenti e dei tempi di erogazione delle risorse per le scuole paritarie», nonché a “realizzare tali condizioni incrementando significativamente, fin dal disegno di legge finanziaria per il 2010, le risorse destinate al sistema paritario, elevandole almeno a 600 milioni di euro, con un aumento del 10 per cento rispetto al 2008” (seduta del 6 maggio 2009);

- “reintegrare il fondo in bilancio previsionale 2010 "istituzioni scolastiche non statali " fino al raggiungimento della quota prevista per il 2008 e garantire almeno lo stesso livello di finanziamento per i successivi anni” (seduta del 27 luglio 2009).

Ci sembrava che sulla base di simili premesse si potesse (anche se con un po’ di residuo tremore nelle gambe) riprendere con fiducia il cammino nel nuovo scolastico, sperando inoltre che quanto avevamo ottenuto, grazie alle battaglie sostenute, costituisse ormai un punto fermo. E invece no: ancora una volta, nella legge finanziaria e nella legge di bilancio dello Stato per il 2010, attualmente in discussione al Senato, risulta un pesante taglio per le scuole paritarie. Ancora più pesante di quello dello scorso anno. Che dire? Siamo sconcertati. Le promesse non contano più nulla? Le mozioni ufficialmente approvate non hanno alcun valore? I risparmi di spesa che le scuole paritarie garantiscono allo Stato (circa 6 miliardi di euro all’anno!) non interessano al Governo? L’emergenza educativa, che necessita del concorso delle migliori risorse della società civile, non preoccupa più?

A costo di sembrare ingenui, vogliamo ancora una volta confidare che nel dibattito al Senato, e poi alla Camera, il Governo si ricordi di onorare gli impegni già formalmente assunti, quantomeno ripristinando la somma originariamente prevista di 535 milioni di euro, e provvedendo successivamente a realizzare misure economiche sulla parità scolastica che rientrino nelle norme generali dell’istruzione. La scuola italiana ne ha davvero urgenza per ripartire, e il nostro Paese ne ha bisogno per crescere nella libertà e nella democrazia.

sabato 24 ottobre 2009

L’idea (disastrosa) dell’ora di Islam e il rischio della scuola coranica

Dal Corriere della Sera di lunedì 19 ottobre 2009 - di Vittorio Messori

Ancora una volta, riecco l’invocazione scaramantica: «Ci vorrebbe l’ora di…». Stavolta, quella nuova, da istituire subito nelle scuole pubbliche, sarebbe «l’ora di Islam». C’è qualcosa di drammati co, ma anche di grotte sco, nella parabola, vec chia ormai di due secoli, delle funzioni che si so gna di affidare alla «scuo la di Stato». C’è, qui, un mito nato — come tanti — dagli schemi ideologi ci di giacobini e girondi ni. Non lo scettico Voltaire ma il fervoroso Rousseau fu il maestro di quei signori: si nasce buoni, il peccato originale è una favola disastrosa, date ai fanciulli dei maestri acconci ed avrete il regno della bontà, dell’altruismo, del civismo. Sorgono difficoltà sempre nuove? Ma dov’è il problema? Basterà inserire nella scuola pubblica delle apposite «ore di…» che educhino al bene e al buono i nuovi virgulti; e tutto sarà ripianato. Da noi, il Cuore deamicisiano è l’icona caricaturale di questi nuovi templi di un’umanità plasmata dalla Ragione e strappata alla superstizione. Succede, però, che proprio nell’Occidente laicamente formato, abbiano trovato folle entusiaste le ideologie mortifere che hanno devastato i due secoli seguiti al trionfo delle utopie roussoiane. Ma poiché gli ideologi hanno per motto «se la realtà non coincide con la teoria, tanto peggio per la realtà», il mito ha continuato ad agire. Il sesso fra gli adolescenti crea gravidanze incongrue e favorisce violenze? Si istituiscano nelle scuole «corsi di educazione sessuale». Alcol e droghe devastano i giovanissimi? Ecco gli esperti per gli appositi «corsi contro le dipendenze». C’è strage su moto e automobili? Subito «corsi di educazione stradale». La convivenza sociale è sempre più turbolenta? Ecco dei bei «corsi di educazione civica». Si potrebbe continuare, ma la realtà è chiara: a ogni problema, una risposta affidata alla scuola. Con il risultato, segnalato da pedagogisti ovviamente inascoltati, o di effetti irrilevanti o addirittura di aggravamento delle situazioni: il confuso istinto di ribellione dei giovani porta a sperimentare e a praticare ciò che è condannato nelle prediche degli adulti, soprattutto se insegnanti. Trasgredire al professore dà tanto gusto come, un tempo, trasgredire al parroco. E ora, tocca all’Islam, la cui presenza tra noi, ogni giorno in crescita, è tra gli eventi che meritano l’inflazionato aggettivo di «storico». Non siamo davanti a una immigrazione, ma a una di quelle migrazioni che si verificano una o due volte in un millennio. Per quanto importa, sono tra i convinti che, sulla lunga durata, l’Occidente si rivelerà per l’islamismo una trappola mortale. I nostri valori e, più ancora, i nostri vizi, corroderanno e, alla fine, faranno implodere una fede il cui Testo fondante non è per nulla in grado di affrontare la critica cui sono state sottoposte le Scritture ebraico-cristiane. Una fede che, in 1400 anni, non è mai riuscita ad uscire durevolmente dalle zone attorno ai tropici, essendo una Legge nata per remote organizzazioni tribali. Una fede che, priva di clero e di un’organizzazione unitaria, impossibilitata a interpretare il Corano — da applicare sempre e solo alla lettera — è incapace di affrontare le sfide della modernità e deve rinserrarsi dietro le sue mura, tentando di esorcizzare la paura con l’aggressività. Ma poi: panini al prosciutto, vini e liquori, minigonne e bikini, promiscuità sessuale, pornografia, aborti liberi e gratuiti, «orgogli» omosessuali, persino la convivenza con cani e gatti, esseri impuri, e tutto ciò di cui è fatto il nostro mondo — nel bene e nel male — farà sì che chi si credeva conquistatore si ritroverà conquistato. Ma questo, dicevo, in una prospettiva storica: per arrivarci passerà molto tempo e molti saranno i travagli, magari i drammi. Per adesso, che fare? Sorprende che, proprio da destra, si proponga lo pseudorimedio che è, da sempre, quello caro alle sinistre: nelle scuole «corsi di Islam», quello buono, quello politically correct . L’idea non ha né capo né coda. Brevemente: poiché, a parte casi particolari, gli allievi islamici sono ancora pochi in ogni classe, bisognerebbe riunirli tutti assieme in una classe sola, almeno per quelle ore. Ed ecco pronta la madrassa, la scuola coranica, che esige che i credenti in Allah stiano unicamente con altri credenti. Stretti in comunità, a cura della nostra Repubblica, chi farà loro lezione? E che gli si insegnerà? Gli ingenui, o insipienti, promotori della proposta si cullano forse nel mito di un «Islam moderato», pensano che esistano schiere di intellettuali musulmani «laici, pluralisti, democratici», pronti ad affrontare concorsi per cattedre di Islam «corretto»? Ignorano che incorrerebbe in una fatwa di morte il muslìm che presentasse la sua religione come una verità tra le altre? Non sanno che relativismo e neutralità religiosa sono frutti dell’illuminismo europeo, ma bestemmie per il credente coranico? Ignorano che l’anno islamico inizia da Maometto e che il tempo e il mondo sono solo del suo Allah? Non sanno che è impensabile il concetto stesso di «storia delle religioni» per chi è convinto che c’è una sola fede e le altre sono o incomplete o menzognere? I politici pensano, allora, di affidare le «ore di Islam» a non islamici, di far spiegare il Corano — in modo «laico e neutrale» — a chi non lo crede la Parola eterna e immutabile di Dio? Fossi un assicuratore, mai stipulerei una polizza sulla vita per simili, improbabili, introvabili docenti. Se l’insegnamento nelle istituende «madrasse della Repubblica italiana» differisse anche di poco da quello delle moschee, l’esplosione di violenza sarebbe inevitabile. E, come troppo spesso è successo con i fautori delle «ore di…», le buone intenzioni produrrebbero frutti disastrosi.

Scioperi e Compagnia

Ricomincia la scuola e puntuale (come la morte) arrivano le contestazioni e gli scioperi, semplici giorni di protesta contro il sistema scuola, il governo , e chi ne ha più ne metta. Lo sciopero che tende a colpire il reparto scuola, è sempre più un giorno perso per un’accozzaglia di scuse e motivazioni che trovano sempre meno l’appoggio di coloro che da sempre combattono per il diritto allo studio, e sempre un maggiore appoggio di chi non va a scuola perché “non gliene va!” Da questo punto di vista, la città e gli studenti di San Benedetto non ci stanno! A che cosa? Non si sa, ma ci tengono a far sapere che loro non dimenticano… Sembra assurdo, ma proprio così recitano i volantini che hanno riempito le scuole di San Benedetto. Uno dei volantini più emblematici recitava frasi del tipo: Sono i responsabili della crisi (Chi?), oppure, tolgono i fondi dalle scuole, e frasi del genere senza un preciso soggetto, in fondo al foglio, finalmente si identificavano dicendo: noi non dimentichiamo (come se ci fosse qualcosa da ricordare), invitando i ragazzi a scioperare il 9 Ottobre. Premesso che le motivazioni erano semplicemente assurde, e che i quattro gatti che hanno scioperato a San Benedetto non se li sono “filati” nessuno tranne la pattuglia dei carabinieri, bisogna far notare che a San Benedetto le contestazioni riguardanti la scuola hanno sempre appoggio. Quest’anno non sapendo come invogliare la gente, e vedendo che pochi erano a far parte del corteo che si era radunato di fronte al liceo Scientifico, i manifestanti si sono giocati le ultime cartucce chiedendo disperatamente ai liceali di andare a farsi una passeggiata in centro, piuttosto che stare in classe per cinque ore. Sicuramente molti hanno scelto la strada più comoda, e non fare la figura dei “secchioni” (come se andare a scuola fosse un’assurdità), andando dietro ad un corteo di gente che sui volantini chiede il diritto alla continuità scolastica, poi si corregge persuadendo i ragazzi chiedendo di fare quattro passi con loro. Il giorno dello sciopero è sempre un giorno diverso dagli altri, vedi già la mattina nel pullman arrivare gente mai vista prima e ragazzi che difficilmente ancora frequentano la scuola, perché troppo grandi, oppure vedi che a reggere lo striscione della manifestazione ci sono ragazzi che forti delle loro idee provano a combattere e si mettono in prima linea per difenderle. Questo mi fa molto riflettere perché è visibile nei loro occhi una domanda di felicità, a questa domanda purtroppo mi rendo conto che non sanno rispondere, o meglio si rifugiano in qualcosa che purtroppo per loro non li renderà mai felici. Pensando a ciò posso reputarmi molto fortunato di aver incontrato una compagnia di amici che ogni giorno mi richiama al bisogno di felicità, l’unica cosa che mi manca è far conoscere anche a loro la compagnia, per questo diffondiamo il nostro giornale.

mercoledì 14 ottobre 2009

Un pò di facce...

Ecco alcuni momenti della nostra vacanza di quest'estate passata a Sass de Stria (Belluno):

martedì 13 ottobre 2009

Un'estate in Compagnia

Ecco le testimonianze su come noi, ragazzi delle superiori della Compagnia dei Tipi Loschi, abbiamo passato due momenti importanti della nostra estate: il campo estivo, e il Meting per l'amicizia tra i popoli di Rimini.

METTERE IN DISCUSSIONE UNA VACANZA INTERA PER UN PROBLEMA CHE INVECE POTREBBE RIVELARSI UNA GRANDE OCCASIONE

Problema fondamentale:
la camera. Ho passato la maggior parte del campo affaticato per questo motivo e volevo tornare a casa. Con il passare dei giorni però ho capito che avrei fatto una cavolata ad andarmene.
Mi è piaciuto giocare a carte con il Beccio!!!
Di ciò che ha detto Sermarini mi ha colpito quando diceva che “abbiamo un’idea distorta della sofferenza”. Noi uomini infatti non conosciamo ancora la vera sofferenza e credo che spesso ci affatichiamo per cose inutili e per queste soffriamo.
Daniele Bolletta

ATTACCARSI ALLE COSE BELLE
Mi sono un po’ affaticato quando si facevano le camminate senza arrivare in cima, perché preferisco farle ed arrivare sopra per poi vedere tutto. Mi è piaciuta la canzone dell’uomo cattivo e al campo ho riapprezzato le cose belle, così come la nostra amicizia. Sermarini infatti ci ricordava che è bene attaccarsi alle cose belle. Sono riuscito poi ad ascoltare le riunioni, che mi sono servite, perchè ho capito cosa si deve fare per stare contenti anche quaggiù!!
Federico Capriotti

DUE COSE FONDAMENTALI: CONDIVIDERE E FIDARSI
Io volevo dirvi di alcune cose che mi hanno colpito del libro di Enzo Piccinini. Il matrimonio per esempio deve essere un’occasione per il mondo intero, non è una cosa che riguarda moglie e marito e basta. Io invece pensavo che ero a posto, che casa mia era aperta, ospito gente…per Enzo però la coppia era e deve essere aperta per tutto, non solo per far venire la gente, ma tutto, anche i propri pensieri sono proiettati fuori e allora tutto quello che si vive, lo si condivide (ma proprio tutto, ci si aiuta, ci si confronta e ci si scontra, si danno le ragioni di quello che si fa). Il confronto poi va bene, però a volte è bene fare come Piccinini, che con Don Giussani si comportava come un bambino: si fidava sempre!
Giusi Clementi

UN GRAZIE AI MIEI AMICI
Il campo è stata un’occasione per stare insieme cosa che magari potremmo non fare sempre durante il resto dell’anno. Al campo ho riscoperto questo grazie all’aiuto dei miei amici: grazie ad un’amicizia infatti impariamo a conoscere e a fare entrare nella nostra vita altre persone con le quali magari prima non volevamo avere a che fare. A volte anche fra di noi ci guardiamo così e rimaniamo indifferenti, non ci si interessa gli uni degli altri. Mi domando se in questi giorni dopo il campo vi incontrate, vi guardate, vi cercate, fate le cose insieme. Se non facciamo così quello che abbiamo vissuto al campo e poi al meeting sono chiacchiere.
Del meeting è piaciuta la mostra sulle riduzioni del Paraguay, perché mi ha fatto pensare che a volte diamo per scontato questa Compagnia. Questi indios invece sono rimasti affascinati dall’incontro con i gesuiti e questi gli hanno cambiato del tutto la loro vita. Noi stiamo qui perché? Da che cosa siamo rimasti affascinati? Io sono rimasto affascinato dalle persone, da uomini vivi e sono cambiato da quando sto più vicino a questi uomini vivi. Così è tutto un altro mondo, la nostra Compagnia, la nostra amicizia è un altro mondo!
Marco Pellei

PARTECIPARE E STARCI, GRATIFICA
A me sono piaciute le camminate anche perché non le facevo da anni, un pò perché non ne avevo la possibilità visto che sono stato fuori per la scuola, ma soprattutto perché ero fuori di testa!
Ho partecipato di più quest’anno e ho fatto molte esperienze nuove che mi sono piaciute. Tutto questo si può rifare, anzi devo dire che questa è un’amicizia che non ricordavo di avere, infatti sapevo che c’eravate ma me ne fregavo! Insomma devo dire che da quando sono tornato ci sono stato!!
Dimitri Sfrappini

SI STA BENE QUANDO SI STA CON I PROPRI AMICI
Mi è piaciuto tutto, anche se non ho fatto tutte le camminate perché non me ne andava. Sono stato bene però, perchè sono stato con i miei amici, quelli che mi aiutano a ragionare. Non so se il prossimo anno ci tornerò, perché avrò 18 anni ed essendo maggiorenne potrò fare quello che voglio.
Luca Fioravanti

GLI AMICI E LE RIUNIONI COME PUNTO FERMO
Il campo per me è un punto fermo. Vado fondamentalmente per stare con gli amici e sentire Serra. Anche quando non facevo le camminate, con chi rimaneva abbiamo sempre organizzato qualcosa perché mi sono detto, anche se non possiamo camminare, rimaniamo persone vive!!!
Del meeting la mostra di Napoli molto bella: così come la frase “nessun dono di grazia più vi manca” che Carron disse agli amici di Napoli una volta andato giù a trovarli. Questi ragazzi volevano lasciare la loro città per diverse difficoltà, ma si sono fidati di questa frase e sono rimasti perché anche a Napoli c’è del buono. E da questa scelta tante altre cose buone sono nate.
Bello di Piccinini quando nel suo libro racconta di un’operazione ad una sua amica, un’operazione difficile ed impegnativa durante la quale aveva anche il cuore di parlare e rispondere agli infermieri e ai colleghi che stavano operando con lui.
Luca Olivieri

ESSERE AFFATICATI E NON FARSI AIUTARE
Il campo l’ho vissuto male, perché sono stato affaticato di testa, ma nonostante questo ho sentito le riunioni e ho fatto tutte le passeggiate anche se da solo. Questa esperienza mi sarà sicuramente di lezione per le prossime volte. Mi ha fatto piacere poi parlare l’ultima sera con mio fratello Roberto, anche perchè a casa di queste cose non si parla mai. Devo dire insomma che almeno un Tommasi ha un cuore!!
Loris Tommasi

RIPARTIRE DA UN METODO DI VITA
Come sempre il campo mi è piaciuto, anzi sono stato contento di aver allacciato nuove amicizie e soprattutto con Dimitri.
Al campo ci si diverte, ma non è solo questo, impari ad ascoltare le riunioni, ci viene insegnato come ci ha detto Ciccio un metodo di vita.
Roberto Tommasi

SPERIMENTARE LA SPERANZA
Mi è piaciuto più di tutto ascoltare le riunioni di Marco, perché non ho sempre potuto quest’anno. In particolare mi ha colpito il discorso della speranza, perché mio marito ed io abbiamo sperimentato cos’è la speranza. Il campo e le riunioni con Serra hanno ridestato l’entusiasmo che c’è. Anche le indicazioni che ci ha dato per essere uomini vivi sono state utili, soprattutto il richiamo al servizio e alla messa settimanale, perchè lo scorso anno i ragazzi non lo hanno fatto per una nostra dimenticanza. Al campo non ho avuto occasione di parlare con tutti i ragazzi, ma sto continuando il lavoro quaggiù.
Del meeting: mi è piaciuta la mostra di Napoli, perché tutti spiegavano con entusiasmo le cose che fanno. Anche noi ne facciamo di cose belle eppure a volte siamo un po’ meno entusiasti nel raccontarle. Anche in questa mostra si parlava della speranza: due testimonianze mi hanno colpito; la testimonianza della mamma della bambina down lasciata per questo dal marito, che riconosce nella figlia questa speranza, perché grazie a lei ha incontrato il movimento; l’episodio della caffettiera che da una moka da due è diventata una da venti, perché la casa gli si è riempita di amici.
Mi ha colpito la frase “paion traversie, eppur sono opportunità” perché quello che per noi sembrava un dolore, si è poi tramutato in Gioia, perchè per noi Giorgia è veramente una Gioia. Bella anche la mostra dei genitori di santa Teresina che mi sono fatta raccontare, perchè anche io desidero un matrimonio come quello, un rapporto con mio marito non chiuso su se stesso e vorrei che mia figlia crescesse nello stesso modo in cui sono cresciute le loro figlie, anche attraverso le amicizie che frequentiamo. Per me la condivisione è: quando siamo stati in Russia io e mio marito eravamo soli, ma sentivamo la vicinanza di tutte le persone che a casa stavano pregando e ho visto al ritorno che la nostra gioia era la loro.
Loredana Giuliani

FIDARSI, PREMIA
Inizialmente non mi andava di venire e diciamo che ne sono stata costretta, ma alla fine vi ringrazio, perché ho passato dei bei giorni.
Ciò di cui sono stata contenta è stata la confessione con Don Andrea, perchè mi sono confessata tutti i miei dubbi. Belle anche le scampagnate. Le riunioni di Serra invece non sono riuscita a seguirle.
Elena Novelli

SENTIRSI GRANDI
Mi è piaciuto tutto, sono stato bene con Ciccio, ma ho fatto fatica a seguire le riunioni e mi stupivo nel sentir parlare Vladimiro o Piergiorgio che sono più piccoli di me circa ciò che li colpiva. Nelle ultime riunioni però ho cercato di seguire e mi sono sentito importante!
Mi è piaciuto stare col Beccio, perchè ho scoperto cose nuove di lui.
Andrea Capriotti

FAR FINTA DI PERDERE TUTTO, PER CAPIRNE L’IMPORTANZA
L’anno scorso non c’eravamo, perché dovevamo andare in Russia.
Volevo venire tanto quest’anno anche perché volevo chiarire certe questioni della mia vita che non mi riportavano (una difficoltà di lavoro). Durante una riunione Marco diceva: un uomo vivo per capire ciò che conta nella sua vita fa finta di aver perso tutto per poi capire quali sono le cose importanti nella vita. Abbiamo incontrato durante il campo un’altra coppia che era venuta con noi in Russia. Noi abbiamo condiviso con loro una cosa grande che ci lega, per questo ci siamo voluti incontrare anche a costo di sacrifici. Il marito mi ha detto che lui sapeva che Dio ci aveva messo insieme per affrontare questa cosa. Io sono rimasto annichilito, perché loro sono andati a messa grazie a noi che gli avevamo raccontato la nostra esperienza. Sfido voi ragazzi a condividere fra di voi qualcosa di grande che ci fa rimanere legati per la vita. Si può partire anche dal condividere cose piccole, un gelato insieme, una passeggiata: fa bene all’amicizia.
Marco Nobili

…FARE AMICIZIE NUOVE
Sono andato al campo contento, poi mi sono affaticato. Non vedevo l’ora di ripartire, poi siamo ripartiti e non me ne andava di tornare a casa. Nonostante questo mi sono trovato bene ed ho anche fatto amicizia con Giannandrea.
Francesco Sterlicchio

APPREZZARE TUTTO
La vacanza mi è piaciuta; mi sono piaciute le camminate e anche le riunioni.
Domenico Roncarolo

IL CAMPO: UN METODO
Il campo è sempre un’occasione per stare insieme e perché quello che ci viene insegnato al campo è utile e dovremmo farlo soprattutto a San Benedetto. Come stiamo al campo è un metodo che se applichiamo quaggiù ci può fare veramente felici. Stiamo sempre insieme come al campo e diamo sempre un giudizio a ciò che viviamo; con i ragazzi delle medie al tavolo durante il pranzo usciva sempre qualcosa di bello, un giudizio anche se a volte attraverso uno scontro, ma era utile, perché poi si era più vivi. Poi delle riunioni, Chesterton mi piace anche se faccio fatica a leggerlo. Nell’uomo vivo bello dove il tizio vuole rubare le cose che già gli appartenevano, mi fa capire che a volte diamo per scontato ciò che abbiamo. Poi anche se sembra scontato: montagne montagne io vi amo!!!
Stefano Olivieri

COINVOLGERSI, RENDE PERSONE VIVE!
Mi ha colpito la canzone dell’uomo cattivo: tutti lo davano per disperso, ma alla fine c’è stata una speranza anche per lui. In camera sono stata bene con Chiara Pellei, Chiara Falcioni ed Elena e mi sono legata ad Elena, almeno un pochino, sicuramente più di prima. Mi è piaciuta la risposta di Serra ad una domanda di Marco Capecci che però non ricordo bene. Comunque Serra ha risposto dicendo che noi non sperimentiamo questa speranza, perché non ci coinvolgiamo nella nostra vita e non la prendiamo sul serio. Anche a me capita così. Non posso dire poi che torno dal campo cambiata…però oggi (giovedì sera) sono venuta a riunione!
Sara Marcozzi

UN’AMICIZIA CHE NON LASCIA MAI NULLA SUL TAVOLO!
È SEMPRE UNA GRANDE OCCASIONE PASSARE QUALCHE GIORNO AL MEETING. PERSONALMENTE E’ UN “APPUNTAMENTO” AL QUALE CERCO DI NON MANCARE MAI. DOPO L’ANNO IN CUI FECI DA GUIDA ALLA MOSTRA DELLA CDO SPORT E VI PASSAI UNA SETTIMANA INTERA CON SILVIA GRAZIOLI, COME SI DICE: PORTA FRUTTO RIMANERE ATTACCATI A QUESTE BELLE COSE! POI GRAZIE AL MEETING ORA DIVORO LIBRI SU LIBRI E SE POTESSI OGNI ANNO MI FAREI LA SCORTA IN LIBRERIA! IO, FEDERICA OLIVIERI, CHE NON LEGGEVO NEMMENO PER COMPLETARE UNA ANALISI DEL TESTO A SCUOLA! COME SEMPRE QUINDI BASTA FIDARSI DI CHI CI PROPONE QUESTE COSE, ANCHE SE ALL’INIZIO NON CAPIAMO BENE IL MOTIVO. CIO’ POI CHE MI ENTUSIASMA AL MEETING E’ INCONTRARE TANTE FACCE AMICHE CHE NON SI VEDONO DURANTE L’ANNO, PERCHE’ LONTANE. PER NON PARLARE POI DELLE MOSTRE CHE IN 3 GIORNI HO GIRATO TUTTE E GLI INCONTRI PIU’ SALIENTI AI QUALI SONO ANDATA CHE, COME AL CAMPO, RIDESTANO IL NOSTRO CUORE. INSOMMA TRA IL CAMPO ED IL MEETING CI SI RIFA’ OGNI ANNO LA SCORTA PER AFFRONTARE AL MEGLIO IL QUOTIDIANO AL QUALE OGNUNO DI NOI E’ CHIAMATO.
AGGIUNGO POI UN ULTIMO GIUDIZIO DEL CAMPO: SONO PARTITA CON L’INTENZIONE DI ESSERE APERTA A 360° E COSì E’ STATO; SONO STATA CON TUTTI E SONO STATA A TUTTO, ANCHE SE A VOLTE PER LA STANCHEZZA SI ERA COMBATTUTTI, MA STRINGENDO I DENTI HO CAPITO CHE E’ MEGLIO NON FAR CADERE NULLA DI QUEL CHE CI VIENE MESSO DAVANTI. TUTTO QUESTO PERO’ E’ POSSIBILE SOLO GRAZIE ALL’AIUTO DI QUALCUNO CHE COSTANTEMENTE TI RICHIAMA AD ESSERE DESTO E SVEGLIO SEMPRE. ORA CONTINUEREMO A METTERE IN PRATICA GLI INSEGNAMENTI RICEVUTI ANCHE QUAGGIU’.
Federica Olivieri

Una scuola dell'altro mondo in questo mondo

Ho appena finito l'incontro con i miei colleghi di “mate” per preparare il programma di seconda media e, in questo quarto d'ora, prima del collegio docenti ho il tempo per raccontare quest'avventura durata due giorni.

Parto un po' da lontano, da San Benedetto perché da lì che siamo partiti per venire a Calcinate presso la scuola “la Traccia” per preparare insieme ai nostri colleghi il programma di quest'anno.

Siamo partiti in cinque: io, professore di matematica e scienze, mio fratello Giorgio professore di tecnica, Chiara neo-professoressa di lettere, Michela professoressa di Francese e Paolo, l'autista, professore di inglese nonché preside della nostra scuola Chesterton.

Venire quassù è per noi un'occasione di condivisione e confronto con i nostri colleghi di materia. Sì, è proprio così, perché in questa scuola i professori si incontrano tra loro e si confrontano e tale incontro non è occasionale ma “istituzionalizzato” ovvero previsto e stabilito anche nell'orario scolastico.

Prima dell'inizio dell'anno ci si riunisce per dare un giudizio sui programmi dell'anno appena trascorso.

La cosa che più stupisce noi sambenedettesi, è che qui si ha l'impressione di stare in mezzo ad un gruppo di amici che si ritrovano insieme ogni anno con la preoccupazione di far crescere i propri alunni.

Si affronta il tema principale proposto per la prima media, Alla scoperta della realtà, e tutti i professori, ognuno per la propria materia, arrivano al collegio preparati con le proprie proposte.

Tutti gli argomenti che i professori propongono, assumono un nuovo aspetto: “sterili numeri diventano mezzo di scoperta della realtà che hanno permesso all'uomo di conoscere l'universo...”

I professori, anche quelli più anziani, che sono davvero pochi, si rimettono in gioco ogni anno nel proporre nuovi argomenti, e nuove modalità per facilitare i ragazzi nella scoperta del mondo che li circonda.

Durante l'anno poi, ogni settimana, i professori di una stessa materia si incontrano in un'ora stabilita e si confrontano sulla didattica e sull'andamento scolastico dei ragazzi.

Per noi tale confronto è utilissimo perché spesso nell'insegnamento il rischio che si corre è quello di preoccuparsi soltanto dello svolgimento del programma curriculare dimenticando di avere davanti a noi “piccoli uomini” che hanno bisogno di qualcuno che li accompagni nella bellissima esperienza che è la scuola.

Allora mossi dal motto del nostro patrono “Una cosa morta può andare con la corrente, ma solo una cosa viva può andarvi contro”, riprendiamo quest'anno il mare aperto con nuovi mozzi (gli alunni della prima), nuovi ufficiali (i professori), augurandoci che questo nuovo ed entusiasmante viaggio possa condurci verso nuovi e felici lidi.

marcopellei@tiscali.it

domenica 11 gennaio 2009

L'apparenza inganna

Dopo un mese di manifestazioni contro il ministro Gelmini, l’ondata di proteste che ogni anno si ripropone contro il decreto sulla Scuola sembra già essere rientrata. Di solito però si continuava a scioperare fino a qualche giorno prima di Natale (anche perché poi il freddo non richiamava il pubblico nelle piazze) mentre quest’anno la contestazione è finita prima.

I giornalisti quest’anno hanno aggiunto il carico: le trenta persone che si ritrovano in piazza con qualche cartello e urlando contro la polizia e le istituzioni, sono state trasformate nel “movimento dell’onda”, “la protesta degli studenti”, “le piazze in rivolta” (poi se ci prendono gli insulti da chi non appoggia la protesta si denuncia “la repressione fascista”), ed ottengono dalla Cgil l’appoggio per andare a Roma in treno senza pagare il biglietto.

Sempre i giornalisti prendono dieci ragazzi che si trovano alla stazione di Brera e che urlano contro la Gelmini o contro Berlusconi, e li trasformano negli “studenti di Brera”; però vanno ad Anno Zero, si fanno fotografare, filmare ed entrano nelle case degli Italiani come salvatori della patria. Pregherei tutti di non fermarsi all’apparenza ma di andare oltre. Infatti alla Sapienza (l’Università di Roma), l’epicentro della protesta, dopo le elezioni di Venerdì 28 Novembre hanno trionfato le liste di Centro-destra e di Comunione e Liberazione. Una notizia che a quelli di Anno Zero sembra proprio non essere giunta.

Federico Capriotti

La strada indicata dal Papa: comunicare un’umanità nuova

Vi proponiamo questo articolo pubblicato su IlSussidiario.net, su un discorso del papa sull'educazione.

Benedetto XVI, al Te Deum del 31 dicembre, ha di nuovo ribadito che l'emergenza educativa rimane una delle questioni più urgenti della società in cui viviamo. Si tratta anzi, secondo quanto emerso dalle parole del Papa, della questione decisiva; anche per affrontare la grave crisi economica in cui ci troviamo, cui il Papa si è riferito parlando delle «nubi» che incombono su questo 2009, è dall'educazione che si deve partire, cosicché non prevalgano criteri tipici di una società nichilista, riassumibili con la formula del “si salvi chi può”. In questa direzione il Papa ha sollecitato i cristiani a dare il loro contributo, realizzando una «sinergia fra le famiglie, la scuola e le parrocchie per una evangelizzazione profonda e per una coraggiosa promozione umana, capaci di comunicare a quanti più è possibile la ricchezza che scaturisce dall'incontro con Cristo». Per Benedetto XVI la via è dunque chiara: dal riconoscimento del Mistero presente scaturisce una umanità nuova, ed è questa vita rinnovata dall'incontro con Cristo il contributo che i cristiani sono chiamati a dare alla «costruzione di una società giusta e fraterna». Ancora una volta il Papa ha sollecitato chi crede a trovare dentro la propria esperienza le risorse per contribuire alla costruzione di una convivenza umana in cui l'uomo sia realmente, e non solo intenzionalmente, al centro di tutto. È questa l'educazione: l'aiuto a trovare in sé l'energia di vivere e di costruire. E l'amico più grande in questo compito è Cristo, nel cui sguardo si ritrova la positività di cui tutti siamo fatti. Del resto il Papa, sempre nel discorso tenuto in occasione del Te Deum, ha voluto mettere in evidenza il momento più delicato dell'emergenza educativa, quello che vede gli adulti impegnati nel rapporto con i giovani. Benedetto XVI ha sottolineato con vigore quanto ogni giovane porti «insopprimibile nel suo cuore la domanda sul senso dell'umana esistenza», e ha di conseguenza sollecitato gli adulti a prendere sul serio questa domanda insopprimibile e così emergente dentro la giovinezza. Il metodo con cui si può aiutare i giovani a trovare la risposta alla domanda che urge dentro il loro cuore non consiste nel dare regole di vita o inutili prescrizioni, ma, come ha detto il Papa, nel «testimoniare alle nuove generazioni la gioia che scaturisce dall'incontro con Gesù, il quale nascendo a Betlemme è venuto non a toglierci qualcosa, ma a donarci tutto». Si educa testimoniando: è questa la sfida decisiva di questi tempi. Ed è per questo che di fronte alla domanda dei giovani ogni adulto è sollecitato a chiedersi se ciò per cui vive lo rende contento. Altrimenti, che cosa avrebbe da offrire ai giovani? Solo istruzioni per l'uso. Ma non sarebbe altro che un’offerta del tutto inadeguata: ciò che un giovane d'oggi cerca, infatti, è la felicità, e solo uomini e donne felici possono essere all'altezza di questa urgenza, l'unica vera urgenza della vita. È qui, in questa urgenza della testimonianza, che sta la sfida del Papa; ed è solo nella comunicazione di una novità umana che si può affrontare in modo efficace l'emergenza educativa.

(Gianni Mereghetti)