Riportiamo quest’ intervista pubblicata nel numero di Settembre del mensile della Compagnia dei Tipi Loschi del Beato Pier Giorgio Frassati “Vivere e non vivacchiare” nel quale viene presentata l’opera della Scuola Media libera intitolata a G.K.Chesterton.
E’ nata da pochi giorni, a San Benedetto del Tronto, una Scuola Media libera. Una pazzia? Forse. Ma una di quelle pazzie buone, che hanno in sé tutto per cambiare il mondo, in meglio. (Se l’obiettivo non è il mondo, che obiettivo è?). Ma cosa è questa... pazzia buona? Perchè nasce? Che senso ha, oggi? L’unico modo per saperlo è chiedere lumi a chi questa pazzia l’ha avuta in mente da anni e ora l’ha realizzata. Un vulcano di idee, sempre in avanti, difficile stargli dietro (anche per gli amici più stretti che da anni condividono con lui la bella avventura della Compagnia e poi della Cooperativa Capitani Coraggiosi), una fede trascinante, idee sempre vive e che ti scuotono,… un uomo vivo in poche parole, questo è, in una sintesi che non lo rende del tutto, l’avvocato Marco Sermarini, fondatore insieme a sua moglie Federica (che non è da meno del marito) di questa nuova Scuola Media libera. L’ho fermato un attimo per chiedergli che cosa stesse accadendo e di spiegare bene questa nuova avventura ai lettori di “Vivere”.
D: Ti conosco da anni e so che fin da quando eri giovanissimo avevi nel cuore l’idea, o meglio, l’ideale di creare una Scuola. Vent’anni dopo possiamo dire che l’hai realizzata?
R: Beh, il progetto non finisce qui: l'idea è di continuare con un Centro di Formazione Professionale e con una Scuola Superiore degni di questo nome…
D: Sempre avanti, come sempre. E io ti seguo in questa avventura,… come posso. Ma torniamo alla Scuola Media. Tu sei anche il Presidente della Compagnia dei Tipi Loschi del beato Pier Giorgio Frassati, un movimento di educazione alla fede e l’educazione dei giovani è uno di quei campi in cui tu da anni sei fortemente impegnato e che è un tutt’uno con la tua vita (e quella di tua moglie).
R: Abbiamo voluto rispondere all'appello di Papa Benedetto XVI che parla di emergenza educativa. E' quello che il Papa ha chiamato "cieco conformismo allo spirito di questo tempo" . Il rimedio a ciò sono giovani veri, educati da altri uomini che prendono sul serio la loro vita.
D: La scuola è dunque intitolata al famoso Chesterton?
R: Certo! E’ il mio autore preferito e i miei amici lo sanno: era un grande, in tutti i sensi, disse parole “sante” sul mondo di oggi e diede testimonianza della positività della vita che ci dà il cristianesimo. Gilbert Keith Chesterton, uno scrittore inglese vissuto tra il 1874 e il 1936, autore tra l’altro dei Racconti di Padre Brown. Lui ammoniva tutti da un solo grande pericolo, che oggi, secondo me, è ancor più concreto ed attivo: la standardizzazione verso bassi standard (standardization by low standards). Bassi standard formativi, ma soprattutto bassi standard educativi sono il problema della nostra gioventù, soprattutto in questo momento in cui i nostri ragazzi sono sottoposti ad un notevole bombardamento da tante parti e su tanti fronti; difatti, sempre il grande Chesterton, diceva nel 1930: “La gente è inondata, accecata, resa sorda e mentalmente paralizzata da un’alluvione di volgare e insipida esteriorità, che non lascia tempo per lo svago, il pensiero o la creazione dall’interno di sé”.
D: E’ proprio vero... Ma che bisogno c’era di fare una Scuola Media? Ce ne sono già abbastanza anche a San Benedetto del Tronto e il calo delle nascite si fa sentire… Insomma, la gente già può scegliere tra tante Scuole. Perché farne un’altra?
R: Ti rispondo facendoti un esempio. Quando usciamo di casa e decidiamo di comprare qualcosa: un vestito, un elettrodomestico, una macchina, giriamo e giriamo finché non troviamo ciò che vogliamo: quel determinato colore, quel modello, l’ultimo ritrovato, il prezzo più conveniente. Quando dobbiamo iscrivere un figlio a scuola, questo spesso neppure ci viene in mente, e quand’anche ci venisse in mente, le opzioni e le domande cadono su cose trascurabili (“quanto dista la scuola da casa?” oppure “i professori come sono?”, e questo “come sono” tutto riguarda tranne che questioni educative... se ti fanno fare l’inglese, l’informatica, se la prof è tosta o moscia) e le risposte ottenute sono spesso evanescenti e lasciate a chi risponde (e chi risponde? il primo che passa, spesso). Il contenuto delle risposte (“che scuola trova mio figlio?”) dipende sempre e solo dalla buona volontà del maestro o del professore di turno. Ci illudiamo così di scegliere, e spesso scegliamo delle impressioni che non penseremo più a verificare, e poi, se pure le verificassimo, cosa potremmo fare? Quando si ha la necessità di iscrivere figli a scuola si dovrebbe cercare la scuola migliore. Ma qual è la scuola migliore? Educare un ragazzo non significa solo insegnargli delle nozioni o a fare delle cose, degli skills, come dicono gli anglosassoni, cioè delle abilità, come se fosse scimmia da circo. Bisogna insegnargli a sapere chi è e dove va e dove andrà nella vita. La famiglia è un punto importante in tutto questo progetto educativo, del quale dovremo un giorno rendere conto non allo Stato ma a Nostro Signore, ma la famiglia da sola non può farcela, oggi meno di ieri. Ora, questa ricerca spesso è vana perché vige un principio non scritto ma purtroppo efficacissimo: la standardizzazione verso bassi standard di cui dicevamo prima.
D: La cosa messa così, mi sembra molto interessante, ma spiegati meglio. Approfondisci cioè, questo concetto di Scuola che hai in mente.
R: Una scuola è come una barca, che si avvia verso una rotta con un capitano (il dirigente), un equipaggio (i professori), una rotta (un metodo educativo!) e un luogo da raggiungere e un lavoro da svolgere (educare, cioè fare degli uomini e delle donne!). Poi ha una parte speciale dell’equipaggio: dei piccoli uomini che vogliono diventare grandi! E stanno lì solo per questo! Nel gergo marinaro potremmo chiamarli i mozzi, quelli che stanno lì per imparare a navigare come gli uomini che hanno davanti, e soprattutto vogliono sapere per dove! Ma oggi questa barca (la scuola) ha qualche problema: il capitano non può scegliere l’equipaggio, non lo può fare; non può scegliere la rotta, la rotta non verrà neppure discussa tra i membri dell’equipaggio perché non vi è rotta in discussione, la rotta non c’è perché lì si devono solo imparare delle nozioni; e poi nessuno potenzialmente è scelto in base all’approdo da raggiungere e all’avventura per cui si ritrova lì. Il nocchiero non sa dove andare, non c’è la rotta, non c’è approdo. I marinai sono solo obbligati a dire ai mozzi qualcosa del come si naviga, in realtà cose secondarie, ma mai per dove. I marinai possono anche essere in totale disaccordo tra di loro, e pure con il capitano, che può solo intervenire quando la stanno per fare troppo grossa...
D: Ora però, esci dalla metafora. Allora, concretamente…
R: Fuor di metafora, una scuola in cui il dirigente non può scegliere il personale, che non può chiedere altro che insegnare espressioni, o poesie, o grammatica, o cos’altro; che non può proporre linee educative (non skills, linee educative!) da perseguire con un metodo condiviso da tutto il suo personale e di cui chiedere conto quando esse linee ed esso metodo non verranno correttamente applicati, è come una nave in cui capitano, nocchiero, timoniere e marinai non possono scegliere la rotta, e che non ha neppure l’approdo certo. Caro capitano, con o senza di te, la nave andrà. Cari mozzi, dove andrà la nave? Questo non si sa, come diceva una vecchia canzone di Sergio Endrigo.
Una scuola così non dovrebbe avere nessuna attrattiva per nessuno, eppure non ci sogniamo di metterla in discussione o di darci un’alternativa. Una scuola in cui non si può dire cosa è bene e cosa è male, in cui non si può dire ai ragazzi: il cellulare a scuola non puoi portarlo, la vita non finisce nella playstation e il tuo unico obiettivo non può essere diventare calciatore di serie A o velina, oppure facciamo insieme un’esperienza di bene, non è una scuola. E’ qualcos’altro, ma non una scuola grazie alla quale anzitutto diventare uomini. In tutto questo scenario, che vale per tutta la scuola, la scuola media è il buco nero dell’educazione in Italia. Proprio nel momento in cui i ragazzi ti chiedono: dimmi per cosa vale la pena vivere! dimmi che vale la pena vivere! noi ci trinceriamo dietro programmi, competenze, “il mio compito finisce qui”, e così via.
D: In questa situazione che non mi sembra assolutamente irreale, allora ben venga una Scuola Media, viva e grande come... una nave. Ma chi è che comanda questa nave, che gestisce
R: La scuola è gestita dalla Società Cooperativa Sociale “Capitani Coraggiosi”, che da molti anni si occupa dell’educazione dei ragazzi attraverso doposcuola, centri ricreativi estivi, “circolini” e tante altre positive esperienze che l’hanno resa un punto di riferimento nel panorama educativo del nostro circondario. Il personale è costituito da insegnanti giovani e di esperienza, e da uno staff che sostiene lo sforzo educativo comune di insegnanti e genitori. La scuola ha la sua sede provvisoria nei locali che costituiscono la sede sociale dell’ente gestore, ampi e luminosi e facilmente raggiungibili dai mezzi pubblici.
D: Allora si parte...
R: Ora abbiamo lanciato la sfida e quattro famiglie (era agosto e in quattro coraggiosi abbiamo detto di sì, siamo tanti!) si sono coinvolte.
D: E stanno tutti in buone mani (anche mia figlia!). Allora, per concludere, ai nostri lettori diciamo…
R: Ci sono dei coraggiosi avventurieri che vogliono salpare con noi? La rotta è certa e la meta è una vita bella, da veri uomini, da uomini vivi, e non certo da caporali, pallonari o veline... Ne vale la pena anche se la scuola non sarà sotto casa!!!".
2 commenti:
fa paura...
fa paura...
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