giovedì 5 novembre 2009

CROCIFISSO L'illusione del nulla


Un crocifisso in aula.
Un crocifisso in aula.

Vi segnaliamo un'articolo da Tracce.it riguardante la sentenza sui crocifissi nelle aule scolastiche.

La decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo è talmente assurda e irragionevole da sembrare surreale.
Sulla sua assurdità sono intervenuti in molti, usando una gamma di argomenti che vanno dall’antico e solenne «non possiamo non dirci cristiani» di Benedetto Croce al puro «buon senso vittima del diritto» evocato dal leader del maggiore partito della sinistra italiana.
In quel crocifisso c’è la nostra storia e la nostra cultura. Basterebbe questo a rendere contraddittoria l’idea di tirarlo via a forza dalle aule dove si tramandano storia e cultura.
E la contraddizione arriva al paradosso, se si pensa che è proprio da quella tradizione cristiana che è nata l’idea stessa di “laico”. Prima di Cristo, la laicità non esisteva. Cesare e Dio erano la stessa cosa. E fuori dal cristianesimo, in grandissima parte, continuano ad esserlo, con tutte le storture e le violenze che questo porta nella storia.
Contraddittorio, quindi. Ma anche irragionevole. Perché il crocifisso non è "solo" cultura. È segno del Mistero. Ha a che fare con il senso della vita e con il dramma del dolore. Offre a tutti un'ipotesi che va oltre il nulla in cui tutto andrebbe a finire. Estirparlo dalle aule scolastiche, eliminare questa dimensione e questa ipotesi vuol dire – questo sì – soffocare l’idea stessa di educazione. A meno che non si pensi all'educazione come a qualcosa che non c'entra con il nostro cuore, con le sue esigenze ed evidenze, con il desiderio di infinito che rende uomo un uomo. A meno che non si riduca ai minimi termini la sua ragione.
Per questo il crocifisso è un fatto che riguarda tutti. È un segno religioso, chiaro. Ma di una fede che abbraccia, non esclude. Che si offre alla libertà dell’uomo e la sollecita. Di ogni uomo, qualsiasi tradizione abbia.
«Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino», scriveva vent’anni fa un'autrice di padre ebreo e cultura di sinistra come Natalia Ginzburg, in un articolo sull’Unità che varrebbe la pena di rileggere per intero, e magari spedire a Strasburgo.
Perché c’è un altro dato che colpisce di questa vicenda. La sentenza arriva nello stesso giorno in cui, di fatto, nasce la nuova Unione europea, con l’ultima firma sotto il Trattato di Lisbona. Coincidenza, certo: la Corte non è emanazione diretta dell'Unione. Ma coincidenza infelice. Su queste basi, l'Europa non può fare molta strada.
C’è qualcosa di insano – e non da oggi – in questa tensione della cultura occidentale a recidere le sue radici, a tagliare i ponti con ciò che l'ha generata e ne sostiene, tuttora, il tessuto sociale e civile. È l’utopia di poter vivere i valori che fondano la nostra società – la libertà, l'uguaglianza, la democrazia, la stessa educazione – svuotandoli dalla loro origine viva e reale, da ciò che li ha generati: il cristianesimo. Anzi, Cristo.
Questo, in fondo, è il nichilismo. Al posto di Dio, il nulla. Pensare che su questo nulla si possano costruire dei rapporti umani, una società, un’intera civiltà, è un'illusione. E non c'è illusione di cui la realtà, prima o poi, non presenti il conto.

Scholz sulla sentenza contro il crocifisso nelle scuole


Ecco la dichiarazione del presidente CDO sulla sentenza di Strasburgo che ordina di togliere i crocifissi dalle aule scolastiche
Compagnia delle Opere condivide pienamente il giudizio espresso dalla Santa Sede e dalla Cei sulla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo che ordina di togliere i crocifissi dalle aule scolastiche, e ritiene giusta la decisione del Governo italiano di presentare ricorso contro la decisione.
«Con questa sentenza si tenta di imporre una irreligiosità ed un laicismo estremista che non appartengono alla storia e alla tradizione dei paesi europei» ha dichiarato il presidente di CDO, Bernhard Scholz. «Al contrario, la croce è sempre stata simbolo di una concezione dell’uomo e di una storia che hanno portato l’Europa stessa al riconoscimento della dignità inviolabile di ogni persona e della positività ultima della sua vita.

E’ paradossale che la Corte per i diritti dell’uomo voglia negare e osteggiare il segno più importante di quella tradizione senza la quale i diritti fondamentali dell’uomo, come li conosciamo oggi, non sarebbero mai entrati nella coscienza dei nostri popoli europei.
Gli stessi giudici che dichiarano la presenza della croce come una “violazione”, impongono ai giovani cittadini di accettare il “nulla” come primo riferimento. Anche da chi non crede, la croce viene accolta come rimando a una storia e a una identità che hanno sempre favorito la libertà personale e la pluralità, e hanno combattuto il rischio di un relativismo etico.

Nelle scuole il crocifisso è il richiamo a una proposta che nasce dalla storia e dall’identità di un popolo, una proposta con la quale il giovane si può confrontare, che favorisce e non sminuisce la sua libertà.
Togliere un tale riferimento da un ambito educativo come la scuola, non aiuta certamente una risposta all’emergenza educativa».

04 novembre 2009

lunedì 2 novembre 2009

Beffate le paritarie: fan risparmiare 6 miliardi allo Stato ma il governo le penalizza

Vi segnalo un articolo di Vincenzo Silvano pubblicato su IlSussidiario.net.


Avevamo concluso lo scorso anno scolastico all’insegna del “mai più un anno così!”.

Dopo i tagli ai contributi per le scuole non statali (inaspettati, date le promesse elettorali e gli orientamenti politici dell’attuale Governo) e le conseguenti furiose battaglie condotte ad ogni livello, istituzionale e non, eravamo riusciti – insieme ad altre associazioni di scuole paritarie- a far ripristinare una situazione quasi analoga a quella dell’anno precedente. Situazione economica sicuramente non rosea, ma almeno temporaneamente accettabile. Quanta fatica, però. E quanta rabbia!

Speravamo non solo di aver recuperato i finanziamenti, ma anche di aver contribuito a consolidare l’idea, nell’opinione pubblica e nelle sedi istituzionali, che la scuola paritaria ha il diritto e il dovere di esistere, e che un eventuale taglio dei finanziamenti nei suoi confronti è insensato dal punto di vista educativo, improprio dal punto di vista legislativo (basti pensare alla legge 62/2000…) e controproducente anche per le stesse casse dello Stato.

Ci aveva un po’ confortato, in quei turbolenti mesi, la sensazione che comunque cominciasse a sgretolarsi il muro ideologico di separazione tra il cosiddetto “pubblico” e il cosiddetto “privato”, profilandosi all’orizzonte un pieno riconoscimento –con tutto quel che ne dovrebbe conseguire, anche economicamente- della funzione pubblica svolta dalle scuole paritarie, grazie ai ripetuti pronunciamenti a favore della libertà di scelta educativa da parte di vari schieramenti politici, compresi alcuni fra quelli tradizionalmente ostili alla scuola non statale.

Pronunciamenti che erano arrivati sia in occasioni informali, sia attraverso le diverse mozioni parlamentari su questo tema approvate lungo tutto il corso dell’anno scolastico. Di queste ultime desideriamo, in questa sede, rammentarne almeno in parte il contenuto, poiché gli impegni assunti dal Governo sono assolutamente chiari e inequivocabili: - “provvedere con successivi atti all’introduzione di una effettiva libertà di scelta della scuola da parte delle famiglie” (seduta del 9 ottobre 2008);

- reintegrare il fondo per le scuole non statali e “garantire almeno lo stesso livello di finanziamento per i successivi anni” (seduta del 13 novembre 2008);

- «garantire la certezza dei finanziamenti e dei tempi di erogazione delle risorse per le scuole paritarie», nonché a “realizzare tali condizioni incrementando significativamente, fin dal disegno di legge finanziaria per il 2010, le risorse destinate al sistema paritario, elevandole almeno a 600 milioni di euro, con un aumento del 10 per cento rispetto al 2008” (seduta del 6 maggio 2009);

- “reintegrare il fondo in bilancio previsionale 2010 "istituzioni scolastiche non statali " fino al raggiungimento della quota prevista per il 2008 e garantire almeno lo stesso livello di finanziamento per i successivi anni” (seduta del 27 luglio 2009).

Ci sembrava che sulla base di simili premesse si potesse (anche se con un po’ di residuo tremore nelle gambe) riprendere con fiducia il cammino nel nuovo scolastico, sperando inoltre che quanto avevamo ottenuto, grazie alle battaglie sostenute, costituisse ormai un punto fermo. E invece no: ancora una volta, nella legge finanziaria e nella legge di bilancio dello Stato per il 2010, attualmente in discussione al Senato, risulta un pesante taglio per le scuole paritarie. Ancora più pesante di quello dello scorso anno. Che dire? Siamo sconcertati. Le promesse non contano più nulla? Le mozioni ufficialmente approvate non hanno alcun valore? I risparmi di spesa che le scuole paritarie garantiscono allo Stato (circa 6 miliardi di euro all’anno!) non interessano al Governo? L’emergenza educativa, che necessita del concorso delle migliori risorse della società civile, non preoccupa più?

A costo di sembrare ingenui, vogliamo ancora una volta confidare che nel dibattito al Senato, e poi alla Camera, il Governo si ricordi di onorare gli impegni già formalmente assunti, quantomeno ripristinando la somma originariamente prevista di 535 milioni di euro, e provvedendo successivamente a realizzare misure economiche sulla parità scolastica che rientrino nelle norme generali dell’istruzione. La scuola italiana ne ha davvero urgenza per ripartire, e il nostro Paese ne ha bisogno per crescere nella libertà e nella democrazia.